mercoledì, febbraio 28, 2007

e c'era il bambino che risaliva (37)

e c'era il bambino che toccava il fondo (36)

e c'era il bambino con la finestra nella nuca, e c'era il bambino con le braccia e le gambe stanche, e c'era il bambino che aspettava il buio, e c'era il bambino anestetizzato, e c'era il bambino che quando la maestra domandò "perché tu non litighi mai con nessuno?", rispose "perché io sono un bambino buddista" e subito dopo, in cuor suo, comprese che quelle era una falsa risposta, ma ormai l'aveva data.

e c'era il bambino che teneva d'occhio il contatore dell'archivio blog, (35) perché in quello credeva risiedesse l'affezione o la disaffezione a un posto.

mentre il bambino che si era definito buddista, sorrideva di questo: per lui un posto era uguale ad un altro e tutti i posti erano privi di anima - tranne quella che ci mettevi tu - e generalmente parlando il mondo era un luogo vuoto.

f

martedì, febbraio 27, 2007

nella notte uno squillo.
"A.?" pensò lui.

f



c'è in noi anche questo bambino? paura, tenerezza, curiosità, tristezza, povertà... in me, sì. A

(foto tratta dal libro "kosovars")

lunedì, febbraio 26, 2007

c'era questo bambino con le foglie secche che gli penzolavano dalle braccia.
c'era quest'altro bambino con le gemme che gli forzavano le maniche del giubbotto per uscire e vedere la luce.
e c'era quello che non sapeva niente dell'odore della terra, che aveva le radici per aria.
e che quando veniva la sera pensava ai suoi fratelli sparsi per il mondo, come i semi nel vento.

f

domenica, febbraio 25, 2007


la morte non è nel non poter comunicare
ma nel non poter più essere compresi


c'era questo bambino che saliva e scendeva da auto nuove meravigliose lucidate di fresco. ne testava i sedili, annusava gli interni, scopriva gli accessori segreti. e ogni volta che scendeva da un'auto per salirne su un'altra aveva lo sguardo incantato di chi conosce i miracoli degli uomini.
era il bambino della concessionaria.

f

come si fa a non pensare che esiste da qualche parte una persona che ti condurrà ad un porto?
come si fa a non pensare a questo e nel medesimo tempo a continuare a vivere la vita di tutti giorni?
come si fa a non pensare a questo senza credere che quella che stiamo vivendo non è l'unica vita, che ci saranno date altre possibilità, e che comunque l'impegno, l'ostinazione e le rinunce saranno in qualche modo premiate?
e come si fa infine a non pensare che siamo esseri capaci di imparare e che qualcosa nel tragitto, fosse pure un granello di senape, ci entrerà nel capo e quel granello di senape se non lo potremo portare con noi né consegnarlo ad alcuno se lo prenderà Dio e lo soffierà dove lui sa?

f

c'è un dilemma che mi complica e mi rovina la vita. più che un dilemma è un dubbio ossessivo: come si fa a sapere se una persona che ti piace è (o sarà) la persona che ti piace di più in assoluto. come si fa a distinguere l'innamoramento dal nebuloso arcipelago di sensazioni, sentimenti, bisogni. lo so che è una domanda da giornale per quindicenni, ma io la risposta non la so e continuo a incasinarmi la vita.
confido in voi.A

sabato, febbraio 24, 2007

e c'era questo bambino di mollica di pane. l'acqua lo scioglieva, il sole lo seccava, pollicino lo usava in inutili tentativi, gli uccelli lo mangiavano.

e gli occhi di molti lo fissavano e altri ancora lo cercavano. ma lui non era più lì.

e c'era questo bambino di cemento armato. poteva venire giù tutto ma lui non crollava. restava lì dove era. lì come era. lì.

f

venerdì, febbraio 23, 2007

c'era questo bambino che a scuola non stava mai attento e non ne voleva sapere di disegnare.
un giorno la maestra mandò il bidello a comprare del ritalin in farmacia ma il bidello trovò coda e quando tornò la campanella era già suonata e tutti i bimbi andati a casa.

il giorno dopo la maestra volle dare del ritalin al bambino che né stava attento né disegnava. glielo mise nella merenda ma questi quel giorno non mangiò.

il giorno successivo la maestra voleva ancora dare il ritalin al bambino. glielo versò nell'acqua ma lui non bevve.

il quarto e il quinto giorno il bambino non si presentò a scuola.

il sesto giorno il bambino tornò. aveva strane decorazioni sulle mani e sulle braccia, simili a quelle di certe donne arabe nei giorni di festa. e emanava un odore particolare.

il bambino entrò in classe e si mise a parlare alla maestra e poi si rivolse a tutti e disse così:
"la tintura di iodio - e questi disegni che io ho addosso me li sono fatti con la tintura di iodio - è più onesta di tutti i pennarelli del mondo. e soprattutto ha un odore più buono. sulla sua confezione c'è scritto a chiare lettere che è un veleno ma che tuttavia può trovare utili applicazioni in cui risulta essere del tutto benefica".

"se io non stavo attento prima e se mai disegnavo, era perché mi annoiavo qui in classe. e perché sulla confezione dei pennarelli non c'è scritto quella parola, veleno."

f

c'era un bambino di fil di ferro. lui non aveva una posizione o una forma propria ma assumeva quella che gli altri gli davano. non aveva neanche gusti o desideri particolari. una cosa sola amava ed era l'acqua perché gli faceva fiorire la ruggine sul corpo dandogli un colore e un odore particolare. quella stessa ruggine che poi, e lui lo sapeva, disegnava tracce e lasciava colori accesi sulle mani e sui vestiti di chi di volta in volta gli dava posizione o forme nuove.

f

martedì, febbraio 20, 2007

il bambino primordiale (ovvero il bambino uno-tutto e tutto-uno)

c'è un bambino con un masso sulle braccia. si tratta di un masso molto grande in effetti. più grande di lui, di suo padre, di tutta la sua famiglia schierata e allargata, della casa che li contiene, del loro villaggio.
questo masso in breve è il mondo, e il bambino se lo tiene sulle braccia.
ma non si tratta del mondo così come esso è oggi: questo è sia il mondo di ieri, di dieci milioni di anni fa, sia il mondo di domani, fra migliaia di anni. per inciso è anche il mondo di oggi, ma solo per inciso e per un breve periodo, che le cose cambiano di continuo.
insomma, c'è questo bambino con un masso sulle braccia e io ci vorrei parlare.
penso che si senta solo e triste. vorrebbe posare il masso e andare a giocare con gli altri bambini dell'universo, che è un po' di tempo che li non vede. ma non sa dove poggiare il masso.
e poi come potrei parlargli? io sono qui, sono parte del masso e sono parte delle giunture del bambino e sono nel suo cervello che mantiene e conserva, che osserva e rispetta le consegne.
mentre gli altri intanto forse giocano senza di lui.


f

lunedì, febbraio 19, 2007


in questo posto mi mancano le immagini. ho deciso di "imporvi" le foto che mi colpiscono.
ho incominciato la risalita. mi sa che impiegherò tempo per arrivare in cima. o forse mi accontenterò di arrivare a metà. c'è chi dice che l'importante è muoversi...
un abbraccio, A

sabato, febbraio 17, 2007

e venne un tempo in cui agnes e lukas morirono. non accadde nello stesso giorno tuttavia morirono insieme, nella medesima circonferenza di respiri e di sguardi. scomparve prima lui, si piegò come un fiore, chinò il capo e smise di respirare. poi scomparve lei, rotolò giù per una pendice come un masso sbilanciato, e si fermò solo quando fu in fondo, tenendosi stretta al suo cuore.
poi ritornarono, ma avevano nomi e aspetti diversi.

fine

martedì, febbraio 13, 2007

il bambino del padiglione

ti sono sempre stato vicino. ho abitato i tuoi spazi e i tuoi vuoti, i luoghi e i non-luoghi prossimi al tuo animo.

così vicino ti sono stato che a me per primo giungevano le voci per te.

così vicino ti sono stato che tutto quanto era destinato a te l'ho sentito prima io e poi te l'ho consegnato. modificato di me, della mia presenza.

tu non mi hai mai sentito, né mai io ti ho detto nulla di mia iniziativa.

e in tutto questo tempo neppure io ho mai sentito una sola delle tue parole destinate a me o a chicchessia.

anche se non ne abbiamo mai parlato assieme io lo so che anche tu lo sai e che lo sappiamo entrambi sin dall'inizio: che le nostre parole sono silenzio e i nostri gesti sono inazione.

f

Un giorno, l'asino di un contadino cadde in un pozzo. Non si era fatto male, ma non poteva più uscirne.
L'asino continuò a ragliare sonoramente per ore, mentre il proprietario pensava al da farsi.
Finalmente il contadino prese una decisione crudele: concluse che l'asino era ormai molto vecchio e che non serviva più a nulla, che il pozzo era ormai secco e che in qualche modo bisognava chiuderlo.
Non valeva pertanto la pena di sforzarsi per tirare fuori l'animale dal pozzo. Al contrario, chiamò i suoi vicini perchè lo aiutassero a seppellire vivo l'asino. Ognuno di loro prese un badile e cominciò a buttare palate di terra dentro al pozzo.
L'asino non tardò a rendersi conto di quello che stavano facendo con lui e pianse disperatamente. Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l'asino rimase quieto. Il contadino, alla fine, guardò verso il fondo del pozzo e rimase sorpreso da quello che vide.
Ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l'asino se ne liberava, scrollandosela dalla groppa, facendola cadere e salendoci sopra. In questo modo, in poco tempo, riuscì ad arrivare fino all'imboccatura del pozzo, qui oltrepassò il bordo e se ne andò trottando!

lunedì, febbraio 12, 2007

Marinai

"In questa traversata, se vuoi costruire delle zattere, non radunare uomini per raccogliere il legno e distribuire compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e profondo." A. De Saint-Exupery

"e tu sogni ancora?", domandò agnes.
lukas prese tempo. la domanda era duplice.

f

mi vergogno di farmi vedere, la mia corazza si è sfondata e il mio cervello è mezzo saltato in aria, mi lamento, ho deformità e ulcere su tutto il corpo. le mie nudità sono esposte come quelle di un bimbo, ma non ho la sua vastità di speranza.
sono contento di incontrarti, di incontrare proprio te, ora che la mia strada è terminata.

f

mi ritorna in mente questo, f

Istanti

Se potessi vivere di nuovo la mia vita,

nella prossima oserei commettere più errori.
Non cercherei di essere così perfetto, mi rilasserei di più.
Sarei più sciocco di quanto già non lo sia stato,
di sicuro prenderei meno cose sul serio.

Sarei meno igienista.
Correrei più rischi,
farei più viaggi,
contemplerei più tramonti,
scalerei più montagne,
nuoterei in più fiumi.

Andrei in più luoghi dove non sono mai stato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali, e meno problemi immaginari.

Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
della loro vita sensatamente e con profitto;
certo che mi sono preso qualche momento di allegria.

Ma se potessi tornare indietro, cercherei
di avere soltanto momenti buoni.
Perché, se non lo sapete, solo di questo è fatta la vita,
di momenti: non perderti l'adesso.

Io ero uno di quelli che mai
andavano da nessuna parte senza un termometro,
una borsa d'acqua calda,un ombrello e un paracadute;
se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.

Se potessi tornare a vivere
comincerei ad andar scalzo all'inizio
della primavera
e rimarrei scalzo fino alla fine dell'autunno.

Farei più giri in calesse,
contemplerei più albe,
e giocherei con più bambini,
se mi trovassi di nuovo la vita davanti…

Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo.

domenica, febbraio 11, 2007

non so... sono rinchiusa dentro una bolla di sapone, che evidentemente non è così fragile. mi sento anestetizzata verso tutto e tutti. o meglio, non rieso ad agire e reagire come dovrei. non riesco a commentare i vostri post e la cosa mi turba moltissimo. forse sono troppo assorbita dal nuovo ruolo di amante che ho assunto ieri...
non so cosa sta succedendo. forse i miei neuroni si sono stancati di funzionare o forse stanno funzionando in senso inverso....
un bacio a tutti, A

Tu che sei nato prima del 1980

A ben pensarci, è difficile credere che siamo vissuti fino ad oggi!!

Da bambini, andavamo in macchina (quelli che avevano la fortuna di averla) senza cinture di sicurezza e senza air bag, senza poggiatesta... E viaggiare nel cassone posteriore di una pickup, in un pomeriggio torrido, era un regalo speciale.
I flaconi dei medicinali non avevano delle chiusure particolari.
Bevevamo l'acqua dalla canna del giardino, non da una bottiglia. Che orrore!!
Andavamo in bicicletta senza usare un casco.
Passavamo dei pomeriggi a costruirci i nostri "carri giocattolo".
Ci lanciavamo dalle discese e dimenticavamo di non avere i freni fino a quando non ci sfracellavamo contro un albero o un marciapiede. E dopo numerosi incidenti, imparavamo a risolvere il problema.... noi da soli!!!
Uscivamo da casa al mattino e giocavamo tutto il giorno; i nostri genitori non sapevano esattamente dove fossimo, nonostante ciò sapevano che non eravamo in pericolo.
Non esistevano i cellulari. Incredibile!!
Ci procuravamo delle abrasioni, ci rompevamo le ossa o i denti... e non c'erano mai denunce, erano soltanto incidenti: nessuno ne aveva la colpa.
Ti ricordi degli incidenti? Avevamo delle liti, a volte dei lividi. E anche se ci facevano male e a volte piangevamo, passavano presto; la maggior parte delle volte senza che i nostri genitori lo sapessero mai.
Mangiavamo dei dolci, del pane con moltissimo burro e bevande piene di zucchero... ma nessuno di noi era obeso.
Ci dividevamo una Fanta con altri 4 amici, dalla stessa bottiglia, e nessuno mai morì a causa dei germi.
Non avevamo la Playstation, nè il Nintendo, nè dei videogiochi. Nè la TV via cavo, nè le videocassette, né il PC, nè internet; avevamo semplicemente degli amici. Uscivamo da casa e li trovavamo. Andavamo, in bici o a piedi, a casa loro, suonavamo al campanello o entravamo e parlavamo con loro. Figurati: senza chiedere il permesso! Da soli! Nel mondo freddo e crudele! Senza controllo! Come siamo sopravissuti?!
Ci inventavamo dei giochi con dei bastoni e dei sassi. Giocavamo con dei vermi e altri animaletti e, malgrado le avvertenze dei genitori, nessuno tolse un occhio ad un altro con un ramo e i nostri stomaci non si riempirono di vermi.
Alcuni studenti non erano intelligenti come gli altri e dovevano rifare la seconda elementare. Che orrore!!! Non si cambiavano i voti, per nessun motivo. I peggiori problemi a scuola erano i ritardi o se qualcuno masticava una cicca in classe.
Le nostre iniziative erano nostre. E le conseguenze, pure. Nessuno si nascondeva dietro a un altro. L'idea che i nostri genitori ci avrebbero difeso se trasgredivamo ad una legge non ci sfiorava; loro erano sempre dalla parte della legge. Se ti comportavi male i tuoi genitori ti mettevano in castigo e nessuno li metteva in galera per questo. Sapevamo che quando i genitori dicevano "NO", significava proprio NO.
I giocatoli nuovi li ricevevamo per il compleanno e a Natale, non ogni volta che si andava al supermercato. I nostri genitori ci facevano dei regali con amore, non per sensi di colpa. E le nostre vite non sono state rovinate perché non ci diedero tutto ciò che volevamo.
Questa generazione ha prodotto molti inventori, amanti del rischio e ottimi risolutori di problemi. Negli ultimi 50 anni c'è stata un'esplosione di innovazioni e nuove idee.
Avevamo libertà, insuccessi, successi e responsabilità, e abbiamo imparato a gestirli.
Tu sei uno di loro. Complimenti!!!

sabato, febbraio 10, 2007

io volo

ieri ho incontrato g.
stanotte ho sognato
che volavo

ero capace di volare

agitavo appena e tenevo tese le braccia
e volavo

volavo con fatica
ma pure molto in alto

non so cosa significhi
né cosa possa significare
ma son sicuro di questo:
era un volo zen
ero felice
ero libero e impegnato

io non ho categorie mentali non ho memoria sono istantaneo

dialogo

- è stato terribile, ho pensato, ho temuto, che non esistesse al mondo un angolo privo di dolore. dove posavo gli occhi, dove lo scovavo. c'era quella bambina con un occhio così e così, quell'uomo con una gamba cosà e cosà, poi c'era uno che non riusciva ad esprimersi, e una che non aveva mai avuto un amore e che mai l'avrebbe avuto. e ad un tratto ho capito che ero io ad essere pieno di dolore, del mio dolore, e col mio dolore dentro guardavo al mondo, e trovavo solo dolore.
- o forse è il contrario: il dolore che vedevi intorno era vero e tu lo avevi riconosciuto ed accolto e ora ne eri pieno, ed ora era anche il tuo dolore.

f

sfogo notturno

Non capisco tante cose. Non capisco perché non mi diverto più. Se sono io che sono andato, o se sono gli altri che non ce la fanno ad accettare la realtà. Se sono io che "per le mie navi son quasi chiusi i porti" o sono gli altri che hanno bisogno di vivere in un mondo di sogni, di pensare che la felicità sia altrove. Ma dove? Di che cosa è fatta? Cosa cercano davvero? Io sono qui, senza orto, ma in fondo a vangare sempre la stessa zolla di terra e penso che se non sono buono a far germogliare nulla da quella, allora è inutile che cambi terreno. Sono un lavoratore, non nel senso classico del termine: uno che insiste, uno che cerca di trovare il modo, che si adopra con le unghie e il fil di ferro. Mi annoiano certe passeggiate sulle nuvole, perché non ci credo, lo che sono miraggi. lo so e casco di sotto, io. Se qualcuno riesce a galleggiare, buon per lui. "Voi andate, io zappo" disse una volta il mio bisnonno Gianni. Se vado via è per tornare, per rivedere meglio quella zolla e lavorarla meglio, con lo sguardo più pulito e magari qualche ferro in più. Scusate, stasera l'avevo così.
vostro t

lunedì, febbraio 05, 2007

linea di confine

quando ti accorgi che il traguardo è vicino, rallenti la corsa, smetti quasi di correre, perchè sai che il traguardo è solo un inizio e una volta tagliata la linea non puoi più tornare indietro.
A

noi trentenni

noi che facevamo "m'ama non m'ama" con le margherite
noi che poi le margherite le mangiavamo
noi che usavamo la parola "cavolo" perchè non ne erano consentite altre
noi che ci alzavamo in piedi quando entrava il preside
noi che d'inverno staccavamo i ghiaccioli dalle grondaie per succhiarli
noi che ci sentivamo grandi se avevamo visto "L'esoricista"
noi che facevamo finta di amare i Duran Duran per non essere esclusi
noi che la casa di Barbie con l'ascensore l'abbiamo vista solo su Topolino
noi che usavamo i vestiti smessi da qualcuno più grande di noi
noi che conoscevamo la droga solo per sentito dire
noi che ci imbarazzavamo se in televisione due si baciavano
noi che la mamma ci pettinava tutte le mattine (senza lacca o gel)
noi che andavamo al cinema a vedere Bud Spencer
noi che ci intossicavamo perchè al cinema si poteva fumare
A

i trentenni

Noi che giocavamo con le formiche in campagna.
Noi che qualche volta le formiche le bruciavamo, qualche volta le affogavamo, ma qualche volta gli davamo briciole di pane o chicchi di grano.
Noi che quando ci dicevano "devi farle dichiarazione" non sapevamo cosa dovevamo farle di preciso.
Noi che abbiamo dovuto dire la fatica frase "ti ci metti con me?".
Noi che telefonavamo con i gettoni e con un gettone le parlavamo per ore.
Noi che scappavamo quando arrivavano i grandi.
Noi che scappavamo sempre e comunque.
Noi che siamo scappati sino qui.

f

"i trentenni" : ricevo ed inoltro, f

Ciao a tutti!
P.s io alcune cose le faccio anche ora... è grave?
Buon divertimento.
Noi che...
Noi che giocavamo a Nascondino a tutte le ore.
Noi che ci divertivamo anche facendo "Strega comanda color...".
Noi che le femmine ci obbligavano a giocare a "Regina reginella" e a "Campana".
Noi che bastavano due tappi per iniziare il giro d'Italia.
Noi che facevamo "Palla Avvelenata".
Noi che giocavamo regolare a "Ruba Bandiera".
Noi che ci sentivamo ricchi se avevamo "Parco Della Vittoria e Viale dei Giardini".
Noi che se avevi "Vicolo Corto e Vicolo Stretto" perdevi sicuro.
Noi che i pattini avevano 4 ruote e si allungavano quando il piede cresceva.
Noi che mettevamo le carte da gioco con le mollette sui raggi della bicicletta.
Noi che passavamo ore a cercare i buchi sulle camere d'aria mettendole in una bacinella.
Noi che ci sentivamo ingegneri quando riparavamo quei buchi col tip-top.
Noi che andavamo in due sulla Graziella, e da piú grandi sul Ciao.
Noi che il Ciao si accendeva pedalando.
Noi che suonavamo al campanello per chiedere se c'era l'amico in casa.
Noi che ogni volta che suonavamo rispondeva la madre.
Noi che pensavamo di avere segreti.
Noi che i segreti li avevamo davvero.
Noi che abbiamo maneggiato sostanze chimiche come il pongo, il DAS e la gommapane.
Noi che facevamo a gara a chi masticava più big babol contemporaneamente.
Noi che se c'era un pallone e 4 alberi era già tutto ok per giocare a calcio.
Noi che se non c'erano gli alberi si giocava lo stesso.
Noi che dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella.
Noi che non dovevamo far tardi.
Noi che era pronta la cena proprio al momento del calcio di rigore.
Noi che passavamo pomeriggi giocando a Risiko.
Noi che giocavamo a "Indovina Chi?" anche se conoscevi tutti i personaggi a memoria.
Noi che giocavamo a Forza 4.
Noi che Scarabeo non ci piaceva.
Noi che il cubo di Rubik non l'abbiamo mai finito, perlomeno senza barare.
Noi che ci scambiavamo le figurine prima delle lezioni (e durante, e dopo...).
Noi che odiavamo i PlayMobil.
Noi che avevamo la pista Polistil, e le femmine Ciciobello col disco che frignava.
Noi che avevamo le macchine filoguidate, e le femmine la casa di Barbie con l'ascensore.
Noi che con un ramo di salice facevamo l'arco per sentirci Orzowei.
Noi che a volte si litigava.
Noi che 5 minuti dopo era già tutto dimenticato.
Noi che giocavamo per ore a "Merda" con le carte.
Noi che nessuno sapeva le regole del Tresette!
Noi che avevamo il mangiadischi schiacciato con il manico.
Noi che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la penna.
Noi che in TV guardavamo solo i cartoni animati.
Noi che avevamo i cartoni animati belli...!!!
Noi che litigavamo su chi fosse più forte tra Goldrake e Mazinga (Mazinga, ovvio...).
Noi che guardavamo "La Casa Nella Prateria" anche se metteva tristezza.
Noi che sognavamo un'avventura alla Ambrogio Fogar.
Noi che ridevamo se un amico rideva.
Noi che ridevamo se un amico piangeva!
Noi che abbiamo raccontato 1500 volte la barzelletta del fantasma formaggino.
Noi che le scarpe nuove duravano una settimana.
Noi che le scarpe nuove restavano pulite un'ora!
Noi che la domenica con le scarpe nuove dovevamo andare alla messa.
Noi che alla messa ridevamo di continuo.
Noi che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.
Noi che telefonavamo di nascosto.
Noi che non avevamo il cellulare per andare a parlare in privato sul terrazzo.
Noi che i messaggini li scrivevamo su dei pezzetti di carta da passare al compagno.
Noi che c'era la Polaroid e aspettavi che si vedesse la foto.
Noi che quando ritiravi le foto dal fotografo eravamo curiosi di vederle.
Noi che a scuola si andava a piedi.
Noi che scrivevamo tutti gli avvisi sul diario perdendo delle ore.
Noi che il diario ce lo tiravamo addosso, mentre le femmine ci scrivevano romanzi d'amore.
Noi che per andare alla gita scolastica di 5 giorni dovevamo preparare i genitori mesi prima.
Noi che se c'era la neve si restava alla finestra a guardarla.
Noi che come smetteva, allora TUTTI DI SOTTO!!!
Noi che non era Natale se alla tv non vedevamo la pubblicità della Coca Cola con l'albero.
Noi che tornavamo a casa solo quando la mamma ti chiamava dal terrazzo.
Noi che ai compleanni il regalo per il festeggiato ce lo sceglieva la mamma.
Noi che al nostro compleanno invitavamo tutti, ma proprio tutti, i nostri compagni di classe.
Noi che avevamo paura che qualche amico non venisse, ma poi c'erano tutti.
Noi che facevamo il gioco della bottiglia tutti seduti per terra.
Noi che alle feste stavamo sempre col manico di scopa in mano.
Noi che a carnevale la mamma ci obbligava a vestirci da Zorro.
Noi che facevamo sogni brutti.
Noi che ti svegliavi col battito di cuore a mille.
Noi che dormivamo con la luce del corridoio accesa.
Noi che dal letto guardavamo se c'era qualcuno nel buio dietro la finestra.
Noi che andavamo a letto dopo Carosello.
Noi che se guardavamo tutto il film delle 20:30 eravamo andati a dormire tardissimo.
Noi che guardavamo film dell'orrore anche se avevi paura.
Noi che poi non dormivamo per una settimana.
Noi che leggevamo Geppo, Tiramolla, Bullo e Birillo, Soldino e Nonna Abelarda.
Noi che rubavamo la frutta dagli alberi.
Noi che la rubavamo anche se non ti andava di mangiarla.
Noi che quella che non mangiavamo ce la tiravamo.
Noi che giocavamo a calcio con le pigne.
Noi che le pigne ce le tiravamo pure.
Noi che il bagno si poteva fare solo dopo le 4.
Noi che a scuola andavamo con cartelle da 2 quintali.
Noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.
Noi che avevamo "il libro delle vacanze", ma i compiti d'estate non li facevamo.
Noi che le poesie non le volevamo imparare.
Noi che sappiamo a memoria "Zoff Gentile Cabrini Oriali Collovati Scirea Conti Tardelli Rossi Antognoni Graziani (allenatore Bearzot)".
Noi che "Disastro di Cernobyl" vuol dire che non potevamo bere il latte alla mattina.
Noi che compravamo le uova sfuse, e la pizza alta un dito, con la carta del pane che si impregnava d'olio.
Noi che non sapevamo cos'era la morale, solo che era sempre quella..fai merenda con Girella.
Noi che a pranzo mangiavamo poco e a merenda divoravamo scaffali di brioches.
Noi che campavamo di Girella e saccottini del Mulino Bianco.
Noi che bevevamo esclusivamente il Billy.
Noi che compravamo gli ovetti kinder per trovare il puffo falegname.
Noi che di politica non ce ne fregava niente.
Noi che conoscevamo solo il Presidente della Repubblica perchè c'era la sua foto in classe.
Noi che del mondo politico conoscevamo anche Spadolini solo perchè era grassissimo.
Noi che i politici non li conoscevamo, ma Gennaro Ulivieri e Guido Pancaldi, si.
Noi che non c'erano grandi fratelli, isole dei famosi e fattorie...
Noi che indossavamo maglie che pizzicavano.
Noi che nei giorni importanti ci vestivano con le calze bianche.
Noi che le calze bianche le odiavamo perchè erano strettissime.
Noi che quando toglievamo le calze ci lasciavano un segno mostruoso sul polpaccio.
Noi che per la comunione ci regalavano i compassi e le calcolatrici.
Noi che avevamo il mappamondo con la luce dentro.
Noi che la mamma ci metteva le toppe sui gomiti dei maglioni quando diventavamo lisi.
Noi che le toppe le volevamo mettere anche quando i maglioni erano nuovi.
Noi che avevamo tutti i capelli corti a spazzola.
Noi che a volte ci pettinavamo.
Noi che odiavamo il minestrone.
Noi che non sapevamo leggere l'orologio a lancette.
Noi che per sapevamo che erano le 4 perchè stava per iniziare BIM BUM BAM.
Noi che il primo novembre era "tutti i santi", mica Halloween.
Noi che sapevamo che ormai era pronta la cena perchè c'era Happy Days.
Noi che ci emozionavamo se salivamo anche solo su un autobus di linea.
Noi che ci superemozionavamo se dovevamo salire su un treno.
Noi che credevamo che la nostra squadra era la più forte del mondo (anche gli interisti).
Noi che ci sdraiavamo sui prati.
Noi che tornavamo a casa regolarmente coi pantaloni sporchi d'erba.
Noi che fra amici eravamo tutti caratterielmente diversi.
Noi che per IN FONDO SIAMO STATI TUTTI UGUALI...!
Noi... Noi che ora siamo qui a ricordare...

domenica, febbraio 04, 2007

sono piccolo e vivo e muoio e faccio i miracoli dentro un gomitolo di polvere in un angolo della vostra stanza preferita.
voi non vi accorgete mai di me.
o fate in modo che io non mi accorga di quanto vi accorgete di me.
non pago l'affitto, non disturbo, abito la sostanza marginale delle vostre nude proprietà, delle vostre pasciute ricche esistenze.
assisto ai vostri sconvenevoli incontri notturni. ho anche pensato, a tratti, di essere figlio vostro, ma poi - che stupidi i pensieri - io c'ero prima di voi.

f

sabato, febbraio 03, 2007

per non dimenticare

Davanti alla legge sta un guardiano. Un uomo di campagna viene da questo guardiano e gli chiede il permesso di accedere alla legge. Ma il guardiano gli risponde che per il momento non glielo può consentire. L’uomo dopo aver riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. «Può darsi,» dice il guardiano, «ma adesso no». Poiché la porta di ingresso alla legge è aperta come sempre e il guardiano si scosta un po’, l’uomo si china per dare, dalla porta, un’occhiata nell’interno. Il guardiano, vedendolo, si mette a ridere, poi dice: «Se ti attira tanto, prova a entrare ad onta del mio divieto. Ma bada: io sono potente. E sono solo l’ultimo dei guardiani. All’ingresso di ogni sala stanno dei guardiani, uno più potente dell’altro. Già la vista del terzo riesce insopportabile anche a me.» L’uomo di campagna non si aspettava tali difficoltà; la legge, nel suo pensiero, dovrebbe esser sempre accessibile a tutti; ma ora, osservando più attentamente il guardiano chiuso nella sua pelliccia, il suo gran naso a becco, la lunga e sottile barba nera all’uso tartaro decide che gli conviene attendere finché otterrà il permesso. Il guardiano gli dà uno sgabello e lo fa sedere a lato della porta. Giorni e anni rimane seduto lì. Diverse volte tenta di esser lasciato entrare, e stanca il guardiano con le sue preghiere. Il guardiano sovente lo sottopone a brevi interrogatori, gli chiede della sua patria e di molte altre cose, ma sono domande fatte con distacco, alla maniera dei gran signori, e alla fine conclude sempre dicendogli che non può consentirgli l’ingresso. L’uomo, che si è messo in viaggio ben equipaggiato, dà fondo ad ogni suo avere, per quanto prezioso possa essere, pur di corrompere il guardiano, e questi accetta bensì ogni cosa, pero gli dice: «Lo accetto solo perché tu non creda di aver trascurato qualcosa.» Durante tutti quegli anni l’uomo osserva il guardiano quasi incessantemente; dimentica che ve ne sono degli altri, quel primo gli appare l’unico ostacolo al suo accesso alla legge. Impreca alla propria sfortuna, nei primi anni senza riguardi e a voce alta, poi, man mano che invecchia, limitandosi a borbottare tra sè. Rimbambisce, e poiché, studiando per tanti anni il guardiano, ha individuato anche una pulce nel collo della sua pelliccia, prega anche la pulce di intercedere presso il guardiano perché cambi idea. Alla fine gli s’affievolisce il lume degli occhi, e non sa se è perché tutto gli si fa buio intorno, o se siano i suoi occhi a tradirlo. Ma ora, nella tenebra, avverte un bagliore che scaturisce inestinguibile dalla porta della legge. Non gli rimane più molto da vivere. Prima della morte tutte le nozioni raccolte in quel lungo tempo gli si concentrano nel capo in una domanda che non ha mai posta al guardiano; e gli fa cenno, poiché la rigidità che vince il suo corpo non gli permette più di alzarsi. Il guardiano deve abbassarsi grandemente fino a lui, dato che la differenza delle stature si è modificata a svantaggio dell’uomo. «Che cosa vuoi sapere ancora?» domanda il guardiano, «sei proprio insaziabile.» «Tutti si sforzano di arrivare alla legge,» dice l’uomo, «e come mai allora nessuno in tanti anni, all’infuori di me, ha chiesto di entrare?» Il guardiano si accorge che l’uomo è agli estremi e, per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: «Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l’ingresso. E adesso vado e la chiudo.»

microcondensazionediunasettimanadensa

  1. io sono troppo povero per fare la guerra con te;
  2. quanti figli smarriti, quanti padri trovati per via;
  3. c'è bisogno che ognuno di noi restituisca quello che nei secoli è diventato.

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ricevo ed inoltro, f

STORIELLA CINESE
Un'anziana donna cinese aveva due grandi vasi, ciascuno sospeso all'estremità di un palo che lei portava sulle spalle.
Uno dei vasi aveva una crepa, mentre l'altro era perfetto, ed era sempre pieno d'acqua alla fine della lunga camminata dal ruscello a casa, mentre quello crepato arrivava mezzo vuoto.
Per due anni interi andò avanti così, con la donna che portava a casa solo un vaso e mezzo d'acqua. Naturalmente, il vaso perfetto era orgoglioso dei propri risultati. Ma il povero vaso crepato si vergognava del proprio difetto, ed era avvilito di saper fare solo la metà di ciò per cui era stato fatto. Dopo due anni che si rendeva conto del proprio amaro fallimento, un giorno parlò alla donna lungo il
Cammino: "Mi vergogno di me stesso, perché questa crepa nel mio fianco fa sì che l'acqua fuoriesca lungo tutta la strada verso la vostra casa".
La vecchia sorrise: "Ti sei accorto che ci sono dei fiori dalla tua parte del sentiero, ma non dalla parte dell'altro vaso? È perché io ho sempre saputo del tuo difetto, perciò ho piantato semi di fiori dal tuo lato del sentiero ed ogni giorno, mentre tornavamo, tu li innaffiavi.
Per due anni ho potuto raccogliere quei bei fiori per decorare la tavola. Se tu non fossi stato come sei, non avrei avuto quelle bellezze per ingentilire la casa".
Ognuno di noi ha il proprio specifico difetto. Ma sono la crepa e il difetto che ognuno ha a far sì che la nostra convivenza sia interessante e gratificante. Bisogna prendere ciascuno per quello che è e vedere ciò che c'è di buono in lui.
Perciò, miei "difettosi" amici, buona giornata e ricordatevi di annusare I fiori dal vostro lato del sentiero...e inviate questo scritto a qualcuno dei (o a tutti I) vostri "difettosi" amici, e non dimenticate l'amico "Difettoso" che l'ha mandato a voi.