niente di più - niente di meno
Stacco dal calendario l'ultimo mese e un pelucchio di polvere accumulata svolazza per un po', stalla e poi va a collocarsi dentro un origamo di carta a forma di scatola.
Penso che mi dispiace che quest'anno se ne vada, che è stato un anno faticoso, ma anche bello, di scelte difficili, di imprese fallite e altre realizzate; un anno iniziato con la speranza della felicità e finito, come gli altri, con il rinvio di questa all'anno che fa capolino dalla porta di questa mezzanotte e con il rafforzato sospetto che di pia illusione si tratti, per quanto necessaria a non accasciarsi nel punto stesso dove le suole poggiano.
Ma, riguardo a questo, già Leopardi ci aveva messi in guardia.
Non so, alla fine mi sembra di poter dire che l'ho amato questo anno, di più di quanto abbia amato quelli che lo hanno preceduto. L'ho amato come si ama un figlio, a prescindere dalla bontà o cattiveria, come una creatura a cui ho dato forma, come qualcosa di prezioso, di raro, anzi unico.
Avrò altri figli, ma questo sta partendo e di quelli futuri non so nulla, se non che non saranno infiniti. Ecco: so che ognuno di questi vorrò abbracciarlo il più possibile, con le braccia che saprò.
T.