lunedì, maggio 26, 2008

basta etnocentrismo!

«Il cittadino americano medio si sveglia in un letto costruito secondo un modello che ebbe origine nel vicino Oriente. Egli scosta le lenzuola e le coperte che possono essere di cotone, pianta originaria dell'India; o di lino, pianta originaria del vicino Oriente; o di lana di pecora, animale originariamente domesticato nel vicino Oriente; o di seta, il cui uso fu scoperto in Cina. Tutti questi materiali sono stati filati e tessuti secondo procedimenti inventati nel vicino Oriente.

Si infila i mocassini inventati dagli indiani delle contrade boscose dell'Est, e va nel bagno, i cui accessori sono un misto di invenzioni europee e americane, entrambe di data recente. Si leva il pigiama, indumento inventato in India, e si lava con il sapone, inventato dalle antiche popolazioni galliche. Poi si fa la barba, rito masochistico che sembra sia derivato dai sumeri o dagli antichi egiziani.

Tornato in camera da letto, prende i suoi vestiti da una sedia il cui modello è stato elaborato nell'Europa meridionale e si veste. Indossa indumenti la cui forma derivò in origine dai vestiti di pelle dei nomadi delle steppe dell'Asia, si infila le scarpe fatte di pelle tinta secondo un procedimento inventato nell'antico Egitto, tagliate secondo un modello derivato dalle civiltà classiche del Mediterraneo; si mette intorno al collo una striscia dai colori brillanti che è un vestigio sopravvissuto degli scialli che tenevano sulle spalle i croati del diciassettesimo secolo. (...).

Andando a fare colazione si ferma a comprare un giornale, pagando con delle monete che sono un'antica invenzione della Lidia. Al ristorante viene a contatto con tutta una nuova serie di elementi presi da altre culture: il suo piatto è fatto di un tipo di terraglia inventato in Cina; il suo coltello è di acciaio, lega fatta per la prima volta nell'India del Sud, la forchetta ha origini medievali italiane, il cucchiaio è un derivato dell'originale romano. Prende il caffè, pianta abissina, con panna e zucchero. Sia l'idea di allevare mucche che quella di mungerle ha avuto origine nel vicino Oriente, mentre lo zucchero fu estratto in India per la prima volta. Dopo la frutta e il caffè, mangerà le cialde, dolci fatti, secondo una tecnica scandinava, con il frumento, originario dell'Asia minore. (...).

Quando il nostro amico ha finito di mangiare, si appoggia alla spalliera della sedia e fuma, secondo un'abitudine degli indiani d'America, consumando la pianta addomesticata in Brasile o fumando la pipa, derivata dagli indiani della Virginia o la sigaretta, derivata dal Messico. Può anche fumare un sigaro, trasmessoci dalle Antille, attraverso la Spagna. Mentre fuma legge le notizie del giorno, stampate in un carattere inventato dagli antichi semiti, su di un materiale inventato in Cina e secondo un procedimento inventato in Germania.

Mentre legge i resoconti dei problemi che si agitano all'estero, se è un buon cittadino conservatore, con un linguaggio indo-europeo, ringrazierà una divinità ebraica di averlo fatto al cento per cento americano»

R. Linton - Lo studio dell'uomo (1936)

sabato, maggio 24, 2008

Barbimora

Accidenti mia Barbimora, che bella freschezza,
che curiosità e quanta gente conosci.

Accidenti mia Barbimora, che peccato volerti avere per me
che peccato volerti intrappolare tra le mie braccia.

Accidenti mia Barbimora, fuori l'estate si annuncia,
al mattino presto i passeri cominciano a cinguettare,
ma le tue porte erano chiuse ed io non ho più la forza
per mettermi a bussare.

Mia Barbimora, non sei mia proprio per un accidente!
e io non so come fare.

T.

martedì, maggio 20, 2008


Arrivano momenti nella vita in cui puoi o devi scegliere: ripercorrere la strada già battuta, confidando su una illusione di sicurezza, o avventurarsi in una strada sconosciuta, accettando il nuovo come sfida e non come minaccia. A

domenica, maggio 18, 2008

piccole perle io/tu

tu sei smarrita dentro una foresta e chiami questa condizione il tuo viaggio. io sto seduto sotto un lampione e chiamo questo stare fermo la mia ascesi. un giorno, quando la luce penetrerà nel fitto della foresta oppure quando il buio calerà nella mia città, tu ed io ci incontreremo ancora. e come due buddha ci incammineremo insieme, mettendo i piedi dentro il vuoto degli stessi passi.

f

venerdì, maggio 16, 2008

è lei che mi ha cambiato
modo di dormire

è lei che mi ha cambiato
modo di pensare

è lei che mi ha cambiato
modo di camminare

è lei che mi ha cambiato
modo di acquistare

è lei che mi ha cambiato
modo di scrivere

è lei
sono tutte quante loro

f

giovedì, maggio 15, 2008

La libertà

di Ascanio Celestini

I poveri erano così affamati che presero la loro fame, la misero in bottiglia e andarono a vendersela. Se la comprarono i ricchi che nella vita avevano mangiato tutto dal caviale ripieno all’ossobucodiculodicane allo spiedo e volevano conoscere anche il sapore della fame dei miseri.

Per un po’ quei poveri tirarono avanti, ma poi tornarono a essere poveri come prima. Allora imbottigliarono la loro sete e la vendettero ai ricchi che nella vita avevano bevuto tutto, dal Brunello al Tavernello ma non avevano ancora assaggiato la sete dei miseri.

Ancora un po’ i poveri tirarono avanti, ma poco tempo più tardi tornarono nella povertà. Allora imbottigliarono la loro rabbia e vendettero ai ricchi anche quella. I ricchi che si erano sentiti indispettiti, che avevano avuto un po’ di rodimento di culo, ma la rabbia vera non l’avevano mai provata. Così se la comprarono dai poveri che ce n’avevano tanta.

I poveri tirarono avanti, ma poi vendettero anche il loro pudore, la loro vergogna, il loro dolore.

Imbottigliarono la commozione e l’insubordinazione, la violenza e il riscatto, la rivolta e la pietà.

Col tempo le cantine dei ricchi si riempirono di bottiglie. Accanto ai grandi vini d’annata collezionavano la fame dei sanculotti della rivoluzione e la rabbia dei braccianti che occupavano le terre del Meridione. Tra gli spumanti e gli champagne trovavano posto la pazzia dei pellagrosi nelle campagne o l’orgoglio dell’aristocrazia operaia che aveva difeso le fabbriche dai nazisti e s’era guadagnata i diritti nelle lotte sindacali. Tra novelli e i passiti c’era il disgusto dei precari e dei senza casa o la determinazione dei Zapatisti che marciarono verso Città del Messico col passamontagna.

Dopo qualche generazione i poveri s’erano venduti tutto. Erano diventati così tanto poveri che presero la loro povertà, la misero in bottiglia e se la vendettero ai ricchi che volevano essere così tanto ricchi da possedere anche la miseria dei miseri.

Quando i poveri restarono senza niente si armarono. E non di coltello e forchetta, ma di pistole e fucili perché la rivoluzione non è un pranzo di gala, la rivoluzione è un atto di violenza.

Marciarono verso il palazzo. Però quando arrivarono sotto il balcone del podestà si fermarono e rimasero zitti. Perché erano armati, ma non avevano più né rabbia né fame, né orgoglio né sete, né disgusto né determinazione. E senza cultura e coscienza di classe non si fa la rivoluzione.

Così il podestà scese in cantina, tornò con una bottiglia e la riconsegnò al popolo. C’era imbottigliata la libertà che avevano conquistato i loro nonni, ma che i padri s’erano già venduta da un pezzo. Potevano farci un inno o un partito, un circolo o una bandiera. La stapparono , ma non riuscirono a farci niente.

Perché la libertà da sola non serve.

Allora il podestà si cercò in tasca e trovò una scatola di caramelle alla menta.
La consegnò al popolo.

E da quel momento i poveri furono liberi.
Liberi di succhiare mentine.

T.

martedì, maggio 13, 2008

Respirando

- Mi sono procurato una ferita.
- Come hai fatto?
- respirando

T.

sabato, maggio 10, 2008

...e mai ci accorgemmo
dei fiori delle viti

T

mercoledì, maggio 07, 2008

ma questo non ti impedisce di sussultare ad un sorriso o ad una voce che chiama il tuo nome con intenzione

esiste un non-luogo
fatto di non-tempo
dove tu ti ritiri
per sottrarti
all'estirpazione del
rosso dal cuore

esistono spazi e
cronache interiori
dove nascondersi è così
facile

non occorrono
chiavi, password o mappe
ti basta un volume
dei grimm sottobraccio
e la fatica di leggere
e conoscere
e puoi andare e venire
quando vuoi.

in mancanza dei grimm
anche perrault va bene.
o pascal.
o il ricordo di
una storia qualsiasi
che da bambino accompagnavi
dentro di te
col minimo movimento
delle labbra.

martedì, maggio 06, 2008

io che aiuto le persone a fare cambiamenti, rimango stupita di fronte ai miei. più passa il tempo più mi accorgo di essere più sensibile agli orrori, al dolore, alle ingiustizie. accadono troppe cose brutte nel mondo e a volte mi capita di immaginare cosa prova chi subisce violenza, chi muore, chi subisce una perdita incolmabile...
non rimpiango la mia "aridità" e "freddezza", ma mi chiedo a cosa serva tutta questa empatia...A